A cura dell’Avv. Nicolò Cavallini
Con la sentenza n. 28847/2020 la Corte di Cassazione si è espressa in merito ad una questione di stretta attualità quale quella della responsabilità penale in cui incorre il medico che prescrive un farmaco telefonicamente senza aver previamente visitato il paziente.
La Suprema Corte, dichiarando l’inammissibilità del ricorso presentato dalla difesa dell’imputato, ha confermato la decisione emessa dalla Corte d’appello, che ha condannato il medico per il reato di cui all’articolo 481 c.p. (“falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità). La difesa dell’imputato, infatti, ha sostenuto come quelle prodotte dal medico non fossero ricette rosse, utilizzabili per prescrivere medicinali o prestazioni poste a carico del Servizio Sanitario Nazionale in qualità di pubblico ufficiale ma semplici ricette bianche riferibili esclusivamente alla sua attività di libero professionista.
Tali ricette, infatti, andavano qualificate come scritture private volte non all’attestazione di una patologia ma aventi il solo scopo di autorizzare il farmacista alla vendita del farmaco prescritto.
La Cassazione, tuttavia, ha sostenuto la necessità da parte dell’operatore sanitario di procedere alla visita del paziente, o comunque all’accertamento delle condizioni dello stesso, come presupposto per la prescrizione di farmaci anche nella sua attività di libero professionista.
Nel motivare la sua decisione, la Corte ha richiamato anche l’articolo 22 del codice deontologico il quale prescrive al sanitario, nella redazione dei certificati, di valutare e attestare soltanto dati clinici che abbia direttamente constatato, ossia dati obiettivi di competenza tecnica che abbia personalmente accertato in totale aderenza alla realtà.
La ratio di tale disposizione, infatti, è da rinvenire nella volontà di punire la cattiva prassi delle diagnosi telefoniche e delle ricette scritte al buio senza alcuna visita o diagnosi. Sostiene, infatti, la Suprema Corte che “è da ritenere censurabile l’attività del medico che prescrive un farmaco semplicemente colloquiando al telefono con un assistito mai incontrato, il quale descrive sintomi, senza averlo mai visitato e senza neanche conoscerne le potenziali reazioni allergiche ad un determinato farmaco”
È utile, tuttavia, ricordare come la stessa Cassazione ha sottolineato come tale prescrizione è da leggere alla luce del singolo caso trattato dal medico. È chiaro, infatti, come dinanzi a un paziente conosciuto di cui si ha contezza del suo quadro patologico non sia necessaria una visita ogni volta che il medico rediga una ricetta per prescrivere un farmaco o una determinata cura.