A cura dell’Avv. Nicolò Cavallini
La Corte di Cassazione è intervenuta con sentenza n. 4063/21 stabilendo che per la sussistenza della responsabilità penale del medico per omicidio o lesioni colpose è necessario che il giudice verifichi l’esistenza delle linee guida, indicando grado e tipo di colpa del sanitario e rapporto di causalità tra colpa ed evento tramite il giudizio controfattuale.
Il caso in esame riguardava l’improvvisa morte di un uomo a causa di una emorragia cerebrale avvenuta poco dopo le dimissioni dello stesso dal Pronto Soccorso.
All’imputata del procedimento, medico radiologo dipendente della struttura sanitaria, veniva contestato di non aver menzionato nel referto stilato, a seguito della TAC effettuata sul paziente, la presenza di lesioni encefaliche, edema cerebrale e sanguinamento intracranico.
Avverso la sentenza di condanna la difesa proponeva ricorso in Cassazione lamentando la mancata applicazione dell’art. 3 d.l. 158/12 (Balduzzi) e art. 6 L. 24/2017 (Gelli – Bianco) nella parte in cui il giudice del gravame attribuiva la responsabilità penale per colpa dovuta a negligenza per non aver individuato nella TAC la lesione. L’imputata sosteneva di aver rispettato le linee guida previste e pacificamente accolte dalla comunità scientifica, sottolineando come la TAC risultava sfuocata e solo un radiologo di grande esperienza e specializzazione avrebbe potuto riscontrare la patologia.
La Corte sottolinea come il giudice di merito avrebbe dovuto verificare l’esistenza delle linee guida, stabilire il grado di colpa dell’imputato sulla base del discostamento da tali linee guida o dal grado di difficoltà dell’atto medico, individuando, infine, la qualità della colpa e il suo grado.
Stabilisce, infatti, che “l’errore ex se commesso dal sanitario non presuppone l’automatico riconoscimento della responsabilità penale. Nelle ipotesi di omicidio colposo e lesioni colpose in campo medico, infatti, il giudice deve necessariamente muoversi attraverso un giudizio controfattuale in riferimento alla specifica attività richiesta al medico che deve risultare idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo con alto grado di credibilità razionale”.
Da questa recentissima pronuncia della Cassazione si possono trarre importanti spunti su quello che sembra essere l’indirizzo intrapreso dalla giurisprudenza in tema di responsabilità medica.
Come enunciato in precedenza, infatti, il medico non deve temere di vedersi riconoscere una responsabilità penale automaticamente a seguito del verificarsi di un evento lesivo o mortale. Lo stesso legislatore, conscio dell’elevato livello di rischio che permea l’attività medica, ha previsto una sorta di scudo penale per il medico che si dovesse imbattere in errori operativi dovuti a imperizia nel caso in cui siano rispettate le linee guida e le buone pratiche idonee al caso concreto.
Il primo passo che deve muovere il medico, quindi, riguarda l’indagine sull’esistenza o meno di linee guida pacificamente accolte dalla comunità scientifica che si adattano al caso concreto da trattare. Solo in questo specifico caso opererà la causa di non punibilità prevista dall’art. 6 L. 24/2017.
La causazione dell’evento e la presenza di un errore non macroscopico da parte del medico non porta automaticamente ad un giudizio di condanna, dovendo il giudice preliminarmente verificare la presenza di linee guida riconosciute e adatte al caso concreto. In seconda battuta il giudice dovrà verificare attraverso il giudizio controfattuale che l’errore è stato la causa dell’evento e che senza di esso il paziente non avrebbe subito alcun danno.